Nel 1953 Hipsley conia il termine fibre alimentari ma la
prima definizione di tali composti avvenne nel 1972 ad opera di Trowell, che le
descrisse come " quella porzione di alimento derivante dalla parete
cellulare delle piante, la quale è scarsamente digerita dagli esseri
umani". In realtà questa definizione non rappresenta una mera descrizione
bensì più un concetto fisiologico. Negli anni successivi molti studiosi e
commissioni internazionali si sono imbattuti nella definizione della fibra
alimentare fino a quando nel 2000 l'American Association of Cereal Chemists in
un report definisce in maniera completa le fibre alimentari come " la
parte restante di quella edibile delle piante, analoga per composizione chimica
ai carboidrati, che è resistente alla digestione e all'assorbimento nel piccolo
intestino dell'uomo con una completa o parziale fermentazione nel grosso
intestino. Essa include polisaccaridi, oligosaccaridi, lignina e altre sostanze
annesse alla pianta. Inoltre, promuove effetti benefici fisiologici esercitando
una o più azioni sia sull'alvo che sull'attenuazione dei livelli di colesterolo
ematico e/o della glicemia.
Con l'avvento dell'era della supplementazione e
dell'integrazione, ove ogni prodotto millanta effetti benefici per la salute
del consumatore, il termine supplemento di fibre potrebbe condurre sia i
consumatori e anche i professionisti della nutrizione a credere che il consumo
regolare di tali prodotti possano realmente esercitare benefici per la salute
del paziente rispetto ad una dieta a basso intake di fibre. Per molti di questi
supplementi, questa credenza non è supportata da evidenze cliniche
riproducibili e ben controllate.
Innumerevoli studi osservazionali hanno dimostrato benefici
per la salute come la riduzione del rischio di sviluppare cancro colon-rettale,
la stimolazione della funzione immunitaria, un minor incremento ponderale nel
tempo, in associazione con un alto intake di fibre derivante da alimenti
integrali, ma la mancata dimostrazione di casualità è un limite riconosciuto di
questa tipologia di studi scientifici. Inoltre, attribuire specifici effetti
benefici alle fibre contenute negli alimenti integrali, non tenendo conto di un
possibile effetto di altri costituenti della dieta è un gioco d'azzardo.
Come detto in precedenza molti sono i falsi miti e le
credenze circolanti sugli effetti benefici delle fibre, come molti sono gli
errori che vengono compiuti anche dai professionisti, i quali si limitano ad
assumere come verità incontrovertibile che tutte le fibre solubili esercitino
un effetto benefico sulla colesterolemia e la glicemia e tutte quelle
insolubili siano utili nella regolarizzazione dell'alvo. Purtroppo in
nutrizione così come nella scienza in generale nessuna cosa è ovvia.
È vero che alcune fibre solubili possono effettivamente
ridurre le elevate concentrazioni di colesterolo sierico, ma non è altrettanto
vero che tutte le fibre solubili sortiscano tale effetto. Ciò può essere
spiegato dal fatto che le fibre solubili possiedono proprietà ma soprattutto
strutture chimiche differenti che le rendono suddivisibili in fibre solubili
viscose con potere gelificante ( β-glucani , psillium, gomma di guar) e fibre
solubili non viscose fermentescibili (inulina, FOS ecc...). Di quest'ultime è
stato ipotizzato che possano normalizzare la concentrazione lipidica sierica
attraverso la produzione colica di composti della fermentazione. Una review
sull'argomento che ha incluso 17 RCT's, conclude che nessuno degli studi
inclusi ha mostrato alcuna differenza significativa tra i gruppi che assumevano
tali composti contro placebo, nella riduzione del colesterolo LDL. Inoltre, 16
dei 17 studi inclusi hanno valutato anche l'eventuale riduzione dei livelli di
trigliceridi ematici; 13 dei quali non hanno evidenziato alcuna riduzione
significativa della trigliceridemia se comparati al gruppo di controllo. Quindi
valutando complessivamente la totalità delle evidenze cliniche ben controllate
e riproducibili si mostra che le fibre non viscose fermentescibili non
esercitano alcun effetto sul metabolismo lipidico, sfatando il concetto che
tali fibre normalizzino la lipemia attraverso i prodotti della fermentazione
colica.
Affinché una tipologia di fibra alimentare possa espletare le
proprie azioni sulla colesterolemia è importate considerare il grado di
viscosità. L'importanza della viscosità di alcune tipologie di fibre è stata
chiaramente dimostrata da studi scientifici controllati che hanno comparato
l'effetto ipocolesterolemizzante dei β-glucani a differente grado di viscosità. I risultati
hanno mostrato che la capacità ipocolesterolemizzante era altamente correlata
con la viscosità della fibra e della sua capacità gel-formante. La
somministrazione di β-glucani ad alta
viscosità ( estratti a basse temperature e pressione) determinava un potente
effetto sulla colesterolemia (-5,5%), così come quelli a media viscosità
(-4,7%), mentre i β-glucani a più bassa
viscosità non hanno sortito alcun effetto sulla riduzione dei livelli di
colesterolo ematici. Questi dati quindi mostrano l'importanza di considerare
non solo la tipologia di fibra specifica, ma anche il grado di lavorazione del
prodotto finale. Quindi solo i supplementi di fibre con potere gelificante
(come i β-glucani ad alto peso molecolare, la gomma di guar grezza e lo
psillium), consumati all'interno di un pasto, in concomitanza con il rilascio
di bile, possiedono i requisiti di alta viscosità per ridurre efficacemente le
concentrazioni sieriche di colesterolo.
Inoltre è importante tener presente che non tutte le fibre
viscose riescono a ridurre in maniera efficace gli elevati livelli sierici di
colesterolo. Uno studio randomizzato, controllato in parallelo (105 pazienti
con ipercolesterolemia) ha valutato l'effetto ipocolesterolemizzante dello psillium
( una fibra naturale gelificante) contro la metilcellulosa (una fibra viscosa
solubile semisintetica derivata dalla polpa del legno) e policarbofil ( un
polimero sintetico). I risultati mostravano che le concentrazioni di LDL
colesterolo erano significativamente più basse con lo psillium (-8.8%) vs
placebo, ma non per la metilcellulosa o il policarbofil di calcio. L'efficacia
dello psillium è stata valutata in altrettanti studi clinici ben controllati e
randomizzati ( più di 1500 soggetti) a dosi comprese tra 6 e i 15 g/die (la
maggior parte degli studi con 10g/die), e in ognuno di questi si è mostrato un
effetto significativo nella riduzione del colesterolo che andava dal -2% al -20%
per il colesterolo totale e dal -6% al -24% per le LDL colesterolo, contro
placebo. Ovviamente l'efficacia dello psillium tende ad essere maggiore negli
studi in cui i pazienti possedevano al baseline alti livelli di colesterolo, e
in quegli studi in cui non vi erano restrizioni dietetiche. In aggiunta il
beneficio ipocolesterolemizzante dello psillium è additivo agli effetti sia
delle statine che delle resine sequestranti gli acidi biliari.
In sintesi, l'effetto ipocolesterolemizzante è altamente
dipendente dalla viscosità delle fibre solubili: più è alta la viscosità, maggiore
sarà l'effetto potenziale sulla riduzione delle concentrazioni del colesterolo
sierico. La viscosità di una fibra gelificante può essere un buon predittore
dell'effetto ipocolesterolemizzante rispetto alla quantità di fibra ingerita.
Le fibre insolubili ( ad esempio la crusca di frumento), le fibre solubili a
bassa viscosità ( gomma arabica/ gomma di acacia, la metilcellulosa, o i β-glucani
a basso peso molecolare) e i supplementi
di fibre solubili non viscose ma fermentescibili ( come l'inulina, i FOS e le
destrine di frumento) non mostrano un effetto significativo sulla riduzione
della colesterolemia, a dosi fisiologiche. Da notare che i b-glucani e lo
psillium, entrambe fibre gel-formanti, sono le uniche due a cui sono state
riconosciute dalla FDA l'health claim di ridurre il rischio di malattia
cardiovascolare riducendo il colesterolo ematico. In conclusione, prese assieme,
la totalità delle evidenze cliniche ridimensiona il concetto che le fibre non
viscose e fermentescibili normalizzino i lipidi plasmatici attraverso i loro
prodotti della fermentazione.
Clicca qui per scaricare l'articolo scientifico da cui è stato tratto il presente manoscritto
Fonti:
The Definition of Dietary Fiber. Cereal Foods World, 46 (2000), pp. 112–129
J.W.
McRorie Jr.,
N.M.
McKeown: Understanding
the Physics of Functional Fibers in the Gastrointestinal Tract: An
Evidence-Based Approach to Resolving Enduring Misconceptions about Insoluble
and Soluble Fiber. Journal of the Academy
of Nutrition and Dietetics (2016)
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