OGM – ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI
Oggigiorno,
quella degli OGM è una questione alquanto dibattuta tra opinione pubblica e
comunità scientifica. A contendersi la reputazione di questi organismi sono,
perlopiù, scienziati, agricoltori, organi politici, industrie alimentari. Il
punto nevralgico della situazione è uno: gli OGM sono dannosi o meno alla
salute umana? Certo è che gli OGM hanno portato ad una notevole riduzione del
consumo di insetticidi, il cui meccanismo d’azione, basato sull’inibizione
della trasmissione dell’impulso nervoso a livello della giunzione
neuromuscolare, è il medesimo in insetti e vertebrati, tra cui l’Uomo. È,
inoltre, da sottolineare che gli OGM usati come mangime per animali (per
esempio le mucche) non determinano l’animale stesso un OGM: non viene
trasferito l’organismo nel prodotto finale (per es. il latte).
L’unica
specie di mais OGM di cui è autorizzato il consumo umano ed animale in tutta
Europa è quella indicata dalla sigla ‘NK603’, tollerante all’azione degli
erbicidi.
Attualmente,
circa il 60% del mais italiano non-OGM è vietato al consumo umano a causa
dell’elevato contenuto di fumonisine, micotossine derivanti dal genere di
funghi Fusarium; di tali tossine è stata accertata una possibile eziologia
nella genesi di tumori all’esofago e nel mancato assorbimento di acido folico.
Una
delle maggiori applicazioni relative agli OGM è dovuta all’osservazione della
biologia di un particolare tipo di batterio, Bacillus turingensis. Si tratta di
un batterio Gram positivo, sporigeno. Fu osservato che, laddove su alcune
piantagioni v’era la presenza di questi bacilli, lo stesso organismo vegetale
risultava protetto dall’attacco dei parassiti. Uno dei principali parassiti di
piante quali il mais o la soia è la piralide nello stadio larvale. L’azione
insetticida ascrivibile a questo bacillo è data dalla presenza, nel suo genoma,
di un gene che codifica per una particolare proteina che agisce sulla piralide
a livello intestinale: quando tale proteina (per ingestione, da parte della
piralide, della foglia su cui è presente B.turingensis) entra nel sistema
digerente dell’insetto, l’ambiente basico facilita la sua attivazione che
viene, poi, completata per azione di specifiche proteasi. La proteina così attiva interagisce con uno specifico recettore sulla membrana degli enterociti,
creando dei pori che provocano uno scambio tra il materiale del lume
intestinale, il ché determina la morte dell’animale. La cosa interessante è che
tale proteina è del tutto innocua all’Uomo, dal momento che nei
Vertebrati non sono presenti né le proteasi necessarie per la sua attivazione,
né il recettore specifico a livello della membrana delle cellule intestinali.
Studi successivi hanno portato al clonaggio di questo gene ed all’ottenimento
della proteina purificata.
AGROBACTERIUM TUMEFACIENS –
IL TUMORE DEL COLLETTO
Agrobacterium
tumefaciens è un batterio Gram negativo, bastoncellare, in grado di trasferire
il proprio materiale genetico ad una cellula vegetale mediante infezione a
livello di ferite nel fusto, determinando, in tal modo, una caratteristica
forma tumorale della pianta che prende il nome di ‘galla del colletto’. La
formazione di questa massa tumorale è dovuta, nello specifico, al trasferimento
di un plasmide di A.tumefaciens (in grado di integrarsi nel genoma della
cellula vegetale) contenente un gene che codifica per un ormone della crescita
che induce, nelle cellule vegetali, una proliferazione incontrollata delle
stesse, dunque, il tumore. L’azione di A.tumefaciens determina un vantaggio univoco,
in direzione della cellula batterica che viene contenuta all’interno della
massa tumorale, ove sono presenti prodotti della fotosintesi e della
trasformazione degli amminoacidi, a disposizione del batterio stesso.
MAIS E SOIA OGM – LE PIANTE
AUTOPROTETTE
Alla
luce delle osservazioni sopracitate, la ricerca ha permesso di combinare le due
esperienze per creare organismi transgenici, organismi dotati, a livello del
proprio genoma, di geni appartenenti ad un’altra specie.
Mediante
l’uso di enzimi di restrizione, è stato possibile “tagliare” il gene che
codifica per la proteina BT (la tossina prodotta da B.turingensis) ed inserirlo
all’interno del plasmide di A.tumefaciens, sostituendolo al gene che codifica
per l’ormone della crescita responsabile della formazione del tumore del
colletto. Tale plasmide ricombinante, clonato in E.coli, è stato trasferito ad
A.tumefaciens. Con quest’ultimo si è determinata l’infezione della cellula
vegetale che vedrà, questa volta, il trasferimento di un plasmide contenente il
gene BT che verrà integrato nel genoma della cellula vegetale la quale sarà,
dunque, in grado di esprimere autonomamente la proteina originariamente di
B.turingensis, pertanto, risulterà “autoprotetta” dall’attacco della piralide.
ALTRE APPLICAZIONI DEGLI OGM
Partendo dall’esperienza di B.turingensis ed A.tumefaciens,
sono state sperimentate altre applicazioni. In alcune piante di fragole sono
state indotte infezioni da parte di A.tumefaciens, nel quale plasmide era stato
inserito il gene che codifica per le CSP (ColdShock Proteins). Si tratta di
proteine che inibiscono la formazione di strutture secondarie a livello
dell’mRNA dovute alle basse temperature, il ché impedisce la normale traduzione
dello stesso. Tale applicazione ha permesso, dunque, di eseguire la crescita di
piante di fragole anche in periodi e luoghi in cui le temperature medie sono al
di sotto di quelle tollerate dall’organismo vegetale. Un altro esempio è dato,
invece, dalle piante di pomodori qualità
“San Marzano”. Anni addietro, queste piante hanno subito una forte epidemia da
virus del mosaico che ne ha decimato intere coltivazioni. Per risolvere questo
problema, si è scelto di agire a livello dell’interazione ‘virus-recettore’:
piuttosto che rimuovere, dal genoma della pianta, il gene che codifica per la
proteina ad attività recettoriale, si è deciso si mutare lo stesso alterandone
la sequenza nucleotidica, così da creare un gene che codificasse per una
proteina difettiva a livello della sequenza amminoacidica che, pertanto, non sarebbe
stata correttamente riconosciuta dal virus evitandone, così, l’interazione.
CONCLUSIONI
Da
quanto finora detto, si evince che, nonostante la diffusa opinione comune, gli
OGM sono tutt’altro che dannosi per la salute umana.
Attualmente
la legislazione vigente in Italia ne vieta la produzione o, quantomeno, impone
severe limitazioni per quanto concerne la ‘manipolazione’ del genoma
dell’organismo in questione. Nello specifico, la legge italiana obbliga lo 0.9%
di DNA transgenico come limite massimo per la definizione di un alimento ‘OGM
FREE’.
L’attività di controllo sugli alimenti da parte delle
aziende ministeriali, prevede l’utilizzo di specifiche tecniche di laboratorio
per controllare l’effettiva frazione di DNA transgenico nell’ambito del DNA
totale, quali la RealTime PCR. Questa tecnica fa uso di una sonda marcata e due
primers, appositamente disegnati per legarsi in una regione di omologia in
corrispondenza dello specifico gene da ricercare. Alcune aziende agricole, per
sfuggire a tali controlli, modificano la sequenza del gene, nei punti in cui si
è certi che si leghino i primers. Per esempio, un codone per la Leu si può
sostituire questo con uno degli altri cinque a disposizione. A tale scopo
vengono disegnati primers in quelle zone
del gene più difficilmente modificabili, in particolare dove ci sono codoni per
Met o Trp, unici per questi due
amminoacidi. Ancora, si potrà usare una miscela di primers (varie coppie) in
vari punti del gene in modo da rendere impossibile la modificazione. Con la
RealTime PCR, infine, si misura proprio la presenza del transgene applicando la
formula:
% di OGM
= DNA rilevato
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DNA endogeno
(tratto da "OGM, tra scienza e falsi miti" - tesina d'esame di Genetica ed Ingegneria genetica - Università degli Studi di Napoli, Federico II - autore Angela Arnone)
Fonte immagine: web
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DNA endogeno
(tratto da "OGM, tra scienza e falsi miti" - tesina d'esame di Genetica ed Ingegneria genetica - Università degli Studi di Napoli, Federico II - autore Angela Arnone)
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