lunedì 30 dicembre 2013

Fibre vegetali, le alleate della salute

di Giuseppe Annunziata

In ogni alimento che mangiamo, ciascun nutriente complesso (carboidrati, proteine e lipidi) ricopre un ruolo biologico all'interno dell'organismo grazie alla presenza di specifiche molecole di natura proteica, che chiamiamo enzimi, capaci di catalizzare vere e proprie reazioni chimiche per mezzo delle quali il composto chimico in questione (il nutriente per l'appunto) può essere adeguatamente processato al fine di ridurlo a nutriente semplice (glucosio, amminoacidi, trigleridi...), che entrerà, poi, nelle opportune vie biochimica per ricavarne energia. Questo è quanto accade nel cosiddetto catabolismo, ovvero la tappa degradativa del metabolismo; l'altra tappa, l'anabolismo, è quella di sintesi, che porta alla produzione delle macromolecole, i suddetti nutrienti complessi, a partire da quelli semplici. Tanto più un nutriente viene facilmente processato dagli specifici enzimi (e, dunque, utilizzato dall'organismo), tanto più, si dice, la sua biodisponibilità è elevata.

Ci sono, però, alcuni nutrienti che non vengono utilizzati dal nostro organismo - dunque non rappresentano un substrato - perché non vi sono gli enzimi in grado di degradarli. Per questi alimenti, pertanto, si dirà che la biodisponibilità sarà uguale a 0 (zero). Uno di questi composti appena descritti è la cellulosa che, non processata, attraversa tutto il sistema digerente e, nel crasso, può essere fermentata da alcuni batteri (detti acidogeni) oppure essere eliminata attraverso le feci

La cellulosa è presente nei cibi di origine vegetale dove, però, sono anche presenti emicellulosa, gomme e mucillagini. Si tratta sempre di composti di origine glicidica con biodisponibilità zero. Tali composti sono detti fibre alimentari, sostanze contenute nei cibi di origine vegetale che non rappresentano un substrato energetico per le cellule. Esse svolgono, tuttavia, un ruolo molto importante nei processi di digestione ed assorbimento e nel corretto funzionamento del sistema digerente. 

Ma cosa sono queste fibre alimentari?
Le fibre alimentari possono essere di alto peso molecolare, o basso come i FOS (frutto-oligo-saccaridi), pabulum per batteri acidogeni che tengono sotto controllo quelli putrefattivi i quali, invece, producono sostanze cancerogene. Tali fibre svolgono, inoltre, un importante ruolo nella formazione delle feci, aumentandone la massa: esse sono, infatti, in grado di legare acqua, producendo un gel che si deposita sulle pareti dell'intestino crasso, aumentando, in tal modo, il volume delle feci stesse. Le fibre alimentari anche nello stomaco formano un gel che, se si posiziona nell’altro, ostruisce parzialmente il piloro (la valvola che separa lo stomaco dal duodeno), rallentandone lo svuotamento.

Un alto consumo di fibre nella dieta è spesso collegato ad una bassa incidenza di malattie come diabete, obesità, ipertensione, disordini intestinali e patologie cardiovascolari: le fibre, infatti,  rallentano la digestione dei carboidrati causandone anche un diminuito assorbimento a livello intestinale e diminuiscono il numero di calorie consumate durante i pasti. L'azione principale delle fibre, in questo senso, è quella di evitare le cosiddette iperglicemie postprandiali, che possono danneggiare le strutture e portare alla patologia del diabete. Tali iperglicemie sono causate da una veloce digestione dell’amido con conseguente eliminazione di glucosio con le urine. L'introduzione di fibre alimentari che, nel duodeno, interagiscono con il sito attivo delle amilasi, rallenta la digestione dell’amido; il glucosio, pertanto, arriverà lentamente nel sangue, limitando l’insorgenza di iperglicemie.

Un recente studio britannico ha messo in evidenza un'ulteriore correlazione tra consumo di fibre e riduzione del rischio cardiovascolare, semplicemente assumendo quotidianamente una porzione in più di cereali ed una di frutta e verdura, l'equivalente di 7 grammi di fibre al giorno.

Il consumo di fibre può anche ridurre la presenza di colesterolo ematico, specialmente le fibre mucillaginose solubili in acqua, come pectina e gomma; per questo motivo svolgono un ottimo ruolo contro l’ipercolesterolemia: diminuendone la quantità, il fegato dovrà utilizzare più colesterolo per la sintesi di acidi biliari. A tale proposito, numerosi studi hanno evidenziato che " [...] l'aggiunta di 100 g di crusca di avena nella dieta quotidiana sembra poter ridurre di circa il 13% il colesterolo nel sangue, esercitando un ruolo positivo sui rapporti tra lipoproteine. Il b-glucano, la fibra solubile della crusca di avena, sarebbe responsabile di questo effetto. Anche l'utilizzazione di gomma di guar sembra diminuire i valori ematici del dannoso colesterolo-LDL [...]" (2)

Sarà, dunque, buona norma introdurre giornalmente almeno 5 diverse portate di fibre (che ritroviamo abbondantemente in cereali integrali, noci e sementi, vegetali e legumi, frutta), ricordandosi che la dose consigliata si aggira intorno ai 20-35 g di fibre/die.

Fonti:
  1. "Appunti personali di Fisiologia della Nutrizione - Prof. G. Liverini" - Corso di Laurea in Biologia generale ed applicata, curriculum Biologia della Nutrizione - Università degli Studi di Napoli, Federico II 
  2. W. D. McArdle, F. I. Katch, V. L. Katch - "Alimentazione nello sport" - Casa Editrice Ambrosiana
  3. ansa.it/saluteebenessere/notizie/rubriche/alimentazione
(fonte immagine: web)

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